Massimo Calandri, giornalista di Repubblica, ha intervistato Diego Dominguez alla vigilia del match del Flaminio tra Italia e Francia.
Ci fosse ancora Diego Dominguez, oggi una partita come questa potremmo anche sognare di vincerla, invece di pensare già al cucchiaio di legno e allo spareggio di sabato prossimo con la Scozia. Ci fosse lui, che calciava l´ovale come nessuno - nel ‘97 a Grenoble segnò coi piedi metà dei 40 punti dell´unico successo sui "galletti" - , in questi anni avremmo cambiato l´inerzia di un Sei Nazioni che ci vede sempre troppo lontani dagli altri. Invece Italia-Francia al Flaminio (ore 15.30, diretta su SkySport2 e differita su La7 dalle 18) sembra una favola per bambini cattivi. Con gli azzurri destinati a finire nelle fauci dell´Orco: il gigante barbuto, Sébastien Chabal.
«Entriamo in campo aggressivi e determinati, mostrando di non aver paura: se riusciamo a restare in partita per un´ora, allora la favola può avere un lieto fine».
Parola di Diego Dominguez.
«I francesi hanno gambe ed esperienza. Ma l´Italia non è inferiore. Ci manca un po´ di fiducia. Ci vorrebbe una vittoria, per cambiare la storia. Possiamo batterli, lo abbiamo già fatto».
Sì, ma allora c´era uno col numero 10 sulle spalle che trasformava in oro tutte le punizioni guadagnate dalla mischia.
«Ora tocca a Mirco Bergamasco calciare. Sta facendo bene, è un punto di riferimento importante. E poi, chi altri al suo posto?».
Appunto. Nel paese del calcio, nessuno che sappia tirare pedate ad un pallone ovale.
«Non mancano calciatori, al nostro rugby. La situazione è molto più grave. Mancano mediani di mischia, aperture, estremi. Manca la base. Non c´è programmazione, nessuno pensa al futuro: tra qualche anno chi prenderà il posto degli azzurri di oggi?».
Tanto, la Nazionale non vince.
«Ma la colpa non è di Mallett, che utilizza i giocatori che ha a disposizione. La colpa è che non ci sono alternative di qualità. Perché non ci sono giovani rugbisti italiani all´altezza. Non abbastanza».
Veramente è lo sport più alla moda. Le mamme portano i bambini ad allenarsi. E rispetto al passato la Federazione ha un sacco di soldi a disposizione.
«Però si fa molto poco per la formazione. La gente che ama il rugby e può insegnarlo c´è, in tutti i piccoli club, dalla Sicilia alla Valle d´Aosta: ma bisogna motivarla, aiutarla a crescere e a migliorarsi. Perché possa dedicarsi ai nostri bambini con competenza. Lavorando sul carattere, sui valori del nostro sport. E sulla tecnica, che in Italia non si insegna più. Con spirito di sacrificio ed entusiasmo, con la consapevolezza che è cominciando ad allenare come si deve dei piccoli dagli 8 ai 14 anni, che si può battere la Francia».
Oggi ci sono otto azzurri che giocano nel campionato francese.
«Conoscono bene i loro avversari, sono abituati a giocarci contro. Può diventare la chiave dell´incontro. Vi consiglio il duello dei numeri 8, Parisse-Chabal».
Ma è così difficile battere i ‘cugini´?
«Sì. Però si può fare. Oppure si può vincere a Edimburgo, sabato prossimo. Ma io preferirei vincere con i nostri giovani. Altrimenti la catena si spezza. E il rugby italiano muore».
Massimo Calandri
«Entriamo in campo aggressivi e determinati, mostrando di non aver paura: se riusciamo a restare in partita per un´ora, allora la favola può avere un lieto fine».
Parola di Diego Dominguez.
«I francesi hanno gambe ed esperienza. Ma l´Italia non è inferiore. Ci manca un po´ di fiducia. Ci vorrebbe una vittoria, per cambiare la storia. Possiamo batterli, lo abbiamo già fatto».
Sì, ma allora c´era uno col numero 10 sulle spalle che trasformava in oro tutte le punizioni guadagnate dalla mischia.
«Ora tocca a Mirco Bergamasco calciare. Sta facendo bene, è un punto di riferimento importante. E poi, chi altri al suo posto?».
Appunto. Nel paese del calcio, nessuno che sappia tirare pedate ad un pallone ovale.
«Non mancano calciatori, al nostro rugby. La situazione è molto più grave. Mancano mediani di mischia, aperture, estremi. Manca la base. Non c´è programmazione, nessuno pensa al futuro: tra qualche anno chi prenderà il posto degli azzurri di oggi?».
Tanto, la Nazionale non vince.
«Ma la colpa non è di Mallett, che utilizza i giocatori che ha a disposizione. La colpa è che non ci sono alternative di qualità. Perché non ci sono giovani rugbisti italiani all´altezza. Non abbastanza».
Veramente è lo sport più alla moda. Le mamme portano i bambini ad allenarsi. E rispetto al passato la Federazione ha un sacco di soldi a disposizione.
«Però si fa molto poco per la formazione. La gente che ama il rugby e può insegnarlo c´è, in tutti i piccoli club, dalla Sicilia alla Valle d´Aosta: ma bisogna motivarla, aiutarla a crescere e a migliorarsi. Perché possa dedicarsi ai nostri bambini con competenza. Lavorando sul carattere, sui valori del nostro sport. E sulla tecnica, che in Italia non si insegna più. Con spirito di sacrificio ed entusiasmo, con la consapevolezza che è cominciando ad allenare come si deve dei piccoli dagli 8 ai 14 anni, che si può battere la Francia».
Oggi ci sono otto azzurri che giocano nel campionato francese.
«Conoscono bene i loro avversari, sono abituati a giocarci contro. Può diventare la chiave dell´incontro. Vi consiglio il duello dei numeri 8, Parisse-Chabal».
Ma è così difficile battere i ‘cugini´?
«Sì. Però si può fare. Oppure si può vincere a Edimburgo, sabato prossimo. Ma io preferirei vincere con i nostri giovani. Altrimenti la catena si spezza. E il rugby italiano muore».
Massimo Calandri
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