A Parigi contro la Francia gli azzurri giocheranno per la prima volta con il Gps sotto la maglia. Il dispositivo servirà a monitorare i giocatori in azione, ottimizzarne il rendimento, la gestione del recupero fisico e ad immagazzinare una serie di dati che saranno studiati dal ct Jacques Brunel e dal suo staff. Alcuni di questi dati saranno “leggibili” in diretta, un po' come avviene con la telemetria delle monoposto in Formula Uno. Non si tratta di una novità assoluta per il rugby. Numerose squadre hanno già sperimentato il Gps.
Azzurri tecnologici. Il dispositivo verrà posizionato sotto le maglie di Parisse e compagni in una speciale imbracatura in neoprene, che non dovrebbe dare particolari fastidi ai giocatori né provocare rischi in fase di collisione. Una specie di taschino avvolge l'antenna e sarà piazzato fra le scapole. “Non è un navigatore, nel senso che non diremo ai nostri giocatori dove andare – ha spiegato il manager dell'Italrugby Luigi Troiani -. Io la definirei piuttosto un'antenna ricevitrice”. Di ogni azzurro impiegato in partita si saprà tutto: chilometri percorsi, velocità media, velocità massima, calorie bruciate. “E se un giocatore dovesse perdersi – scherza Troncon - almeno sapremo dove andarlo a recuperare”.
Inglesi pionieri. Giocatori di otto squadre partecipanti all'Aviva Premership già usano il Gps, dopo essere stati autorizzati dall'International Board con una deroga alla regola numero 4. Ma è stata una squadra della Rugby League, i Bradford Bulls, la prima a sperimentare la tecnologia in Inghilterra, nel gennaio 2010. Queste le squadre coinvolte nello studio commissionato all'Università di Chester e in parte sponsorizzato dall'Istituto inglese dello sport: Bath, Exeter, Harlequins, Leicester, London Irish, London Wasps, Northampton e Sale. Gli obiettivi sono monitorare le performance dei giocatori negli allenamenti e in partita, investigare sui rischi di infortunio, stabilire standard posizionali nelle partite, identificare indicatori di prestazione e marker per il recupero nel rugby d'elite. Sono già stati pubblicati i risultati della ricerca relativi a 304 set di dati provenienti da 54 partite. Evidenziano significative differenze tra i ruoli dei giocatori, divisi in sei gruppi posizionali, in termini di tempo sul terreno, distanza totale coperta, distanze percorse a bassa e alta velocità, velocità massima e velocità media. Il tempo medio in campo varia dai 75.63 minuti per un giocatore di prima linea ai 91.6 per un trequarti centro. La distanza media percorsa va dai 4.45 km della prima linea ai 6.84 km del mediano di mischia. La distanza a bassa velocità dai 3.15 km della prima linea ai 4.53 km del mediano di mischia. Quella ad alta velocità dagli 0.15 km della prima linea agli 0.61km del triangolo allargato. La velocità massima varia da una media di 23.7 kmh per la prima linea ai 30.7 kmh di ali ed estremo. La massima velocità individuale registrata nei 54 match è stata di 36.7kmh e la massima distanza percorsa da un giocatore in una partita di 8.2 km.
La federazione inglese utilizzerà i dati raccolti anche per analizzare l'impatto dei placcaggi, con lo scopo di ridurre il numero di infortuni gravi.
Studio degli infortuni. Chris McLellan della Bond University, in Australia, ha usato il Gps per misurare le collisioni sopportate dai giocatori professionisti della Rugby League. Ha incrociato i dati raccolti sui placcaggi con gli indicatori relativi agli infortuni muscolari, come l'ormone cortisolo. Ai giocatori sono stati prelevati sangue e saliva prima del match e per alcuni giorni dopo la partita.
I giovani sudafricani. Un altro studio è stato svolto su 17 giocatori Under 19 dell'università di Stellenbosh, in Sudafrica. Raccolti dati relativi a cinque partite. I giocatori hanno coperto in media 4469.95 metri a partita. Il 72% del loro tempo è stato speso in piedi o camminando. Piloni e seconde linee hanno fatto jogging per il 26% del tempo, contro il 15% dei trequarti esterni. Ali ed estremi sprintano per l'1,11% del tempo, metre i centri per lo 0.72%, le prime linee lo 0.48. Le terze linee hanno il più alto numero di impatti, per un totale di 683.4 g. I centri subiscono il maggior numero di impatti duri (oltre i 10 g): più di 12 per match.
Gli arbitri. Anche gli arbitri sono stati dotati di Gps nel quadro di uno studio sperimentale promosso dall'Irb. Si è scoperto, ad esempio, che gli arbitri al top della scena mondiale percorrono circa 8 chilometri a partita e cambiano velocità 400 volte.
Il dispositivo è stato collocato su una spalla dell'arbitro è ha fornito dati relativi al battito cardiaco, la distanza coperta, la velocità e la posizione in campo. Un database con tutti i risultati servirà a identificare le aree di miglioramento fisico. C'è anche un'azienda che ha proposto di utilizzare il Gps per inviare agli arbitri indicazioni acustice un quarto di secondo dopo che la palla è uscita dal campo, è passata tra i pali o è stata passata in avanti. Il tutto con un tasso di errore di un centrimetro.
Il futuro. Secondo Alan Ruddock, ricercatore della Sheffield Hallam University, l'accuratezza del Gps applicato alle prestazioni dei giocatori è sufficientemente affidabile. In futuro i dati provenienti dai Gps potrebbero essere trasmessi agli spettatori in tempo reale. E le moderne tecnologie wireless potrebbero essere integrate con sensori di diversa natura, come ad esempio pillole telemetriche da ingerire per fornire dati sulla temperatura interna o altri rilevatori dell'ossigenazione muscolare e delle caratteristiche biomeccaniche.
pc
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