sabato 10 settembre 2011

L'haka, un ponte tra bianchi e maori

L'esecuzione dell'haka è uno dei momenti di grande fascino del gioco. In tutto il mondo viene riconosciuta come il marchio di fabbrica del rugby neozelandese. La sua importanza è cresciuta nel corso degli anni, di pari passo con la rivalutazione della cultura maori. Con questa intervista Liberation ricostruisce la sua storia.

 
Malcolm Mulholland è un professore della Massey University. Specialista del rugby maori, è membro della tribù Ngati Toa, che ha composto la Ka Mate, la tradizionale haka degli All Blacks. Ci parla di questa lunga storia.
Qual è l'origine dell'haka nel rugby neozelandese?
L'introduzione della haka risale al 1884. La prima squadra nazionale aveva visitato il New South Wales (la zona di Sydney, ndr) per un tour. L'haka eseguita all'epoca si chiamava "Ake Ake kia Kaha," che significa "essere forte per sempre". Poi l'haka è stata eseguita di nuovo nel 1888, durante il tour dei "Natives" (una squadra di rugby prevalentemente maori, ndr) in Europa. E' stato il più lungo tour della storia con 107 partite giocate in 14 mesi. Poi arriviamo al 1905, con gli "All Blacks Originals", il primo tour ufficiale degli All Blacks. E' stato durante il loro viaggio nelle isole britanniche che hanno iniziato a realizzare la Ka Mate, l'haka più conosciuta oggi. Due erano i maori nel team: Bill Cunningham, di Auckland, e Billy Stead, vice-capitano. Quest'ultimo proveniva da Invercargill ed era riluttante a fare questa particolare haka. Infatti, la Ka Mate è stata composta da Te Rauparaha, capo guerriero Ngati Toa che aveva massacrato la sua tribù nel 1830. Fu allora comunque che l'haka Ka Mate diventò emblema degli All Blacks. Eppure, è stata eseguita principalmente all'estero, molto raramente in Nuova Zelanda. Ma quell'haka non aveva niente a che fare con quella che conosciamo oggi. Noi la chiamavamo con un sorriso "haka dei pakeha", l'haka dei bianchi, perché i giocatori non sapevano che cosa stavano facendo, si accontentavano di schiaffi sulle gambe e di saltare in aria.
Ha dovuto aspettare 80 anni la Ka Mate per essere eseguita correttamente?
Nel 1986, Wayne "Buck" Shelford, un giocatore maori, era uno dei leader degli All Blacks. E' stato avvicinato dai Kaumatua (gli anziani delle tribù, ndr) che gli hanno detto: "Per favore ragazzi, potreste fare la Ka Mate come si deve qui in Nuova Zelanda alla Coppa del mondo 1987?" C'è stato un incontro con Hika Reid, un altro maori del team, ed è stato detto: "O la fate bene o non fatela affatto". E' da questo momento che si vede lo spettacolo dell'haka come la conosciamo ormai tutti.
La rivitalizzazione dell'haka riflette anche la maggiore importanza assunta dai maori nella società neozelandese?
Assolutamente. Nel XIX secolo i maori costituivano la maggioranza della popolazione di questo paese. Ma dal ventesimo secolo hanno dovuto lottare per sopravvivere e mantenere la loro cultura tra i pakeha. Dagli anni '70 stiamo assistendo a una rinascita della cultura maori, insieme con la crescita di movimenti di protesta. E' da quel momento che i maori hanno potuto essere di nuovo orgogliosi della loro storia e identità. Per loro l'haka è sempre stata importante. Ora è diventata uno strumento di riconoscimento per la Nuova Zelanda all'estero. L'haka è il denominatore comune tra pakeha e maori. E' diventata un ponte tra le culture. Trenta o 40 anni anni fa non c'era certo questa consapevolezza in seno alla popolazione bianca. Non capiva l'importanza di eseguire correttamente l'haka.
La Kapa O Pango, adottata in alternativa dagli All Blacks nel 2005, si conclude con un massacro finto. E' comprensibile la polemica innescata ogni volta?
L'haka è una danza di guerra che abbiamo eseguito in passato prima di andare in battaglia. Il gesto di tagliare la gola si riferisce al fatto che si va alla guerra e dice agli altri che faremo del nostro meglio per annientarli. Nel contesto del rugby, sport di combattimento, è stata adottata come un rituale pre-partita, tutto qui. Ci sono oltre un migliaio di haka in Nuova Zelanda e non tutte sono cerimonie da vigilia di guerra. La Kapa O Pango è stata composta da Derek Lardelli, specialista di haka, che viene dalla tribù Ngati Porou della costa orientale. Prende ispirazione dall'haka eseguita dagli Invincibili nel 1924-25. Le sue parole riflettono la crescente importanza della cultura polinesiana in Nuova Zelanda, con l'influenza di Samoa, Figi, Tonga. Esprime il fatto che tutti i popoli del Pacifico hanno un patrimonio comune.
L'haka dà un vantaggio psicologico agli All Blacks?
Certo che dà un vantaggio psicologico agli All Blacks! Ma ormai fa parte della cultura della Nuova Zelanda da oltre un secolo. Ci sono molte persone nella comunità maori che si chiedono perché le altre squadre non praticano riti pre-partita. Perché non un rito tradizionale per gli australiani? O una danza zulu per gli Springboks? Ci piacerebbe avere questo scambio culturale, aggiungerebbe un'altra dimensione a una partita di rugby.
E un pakeha, un giocatore bianco, può condurre un'haka?
La razza non è così importante. Bisogna capire il significato dell'haka, il significato delle parole, perchè è stata realizzata... Non so se c'è una cerimonia di iniziazione per gli All Blacks, ma so che la federazione ha una guida che può dare consigli. C'è anche un comitato culturale. All'interno del team è in genere la persona che parla la lingua maori che dirige l'haka. Per esempio, Piri Weepu (attuale mediano di mischia All Black, dirige regolarmente il rituale, ndr) ha frequentato il Te Aute College e ha imparato Te Reo (la lingua maori, ndr). Ma in passato ci sono state squadre All Blacks in cui nessuno parlava Te Reo. In questo caso, va a guidare la haka quello con il “mana”, l'orgoglio, uno che può ispirare gli altri, come Tana Umaga (ex giocatore del Tolone è stato il primo capitano dei tuttineri di origine polinesiana, ndr). Un pakeha potrebbe dirigere l'haka se ha il mana (Richie McCaw lo ha già fatto, ndr).
La pratica del ta moko, il tatuaggio facciale, è un altro segno di appartenenza alla cultura maori...
Sì, fa parte del rinnovamento identitario. E' sempre stato importante per maori, ma non era nel "mainstream" della cultura dominante. Il ta moko è stato rivitalizzato contemporaneamente all'haka. Negli anni '50 le vecchie maori avevano tatuaggi sul mento. Il moko è un marchio di identità che ci permette di mostrare la genealogia della persona e il viaggio ha fatto nella vita.
In che momento ci si deve tatuare?
Dipende da persona a persona, da ogni hapu (la famiglia estesa, parte di un iwi, tribù, ndr) e da ogni iwi. Non ci sono regole scritte sulla pietra. Ognuno decide quando è pronto per avere un ta moko. Ma non credo che andare nel negozio dietro l'angolo per farselo sia una buona idea. Il design e la progettazione devono essere unici per ogni persona.
Alcuni iwi richiedono il riconoscimento della proprietà intellettuale, di un copyright sul patrimonio culturale maori per proteggere Haka e Moko da un sovrasfruttamento commerciale. Che ne pensi?
E' una domanda difficile. Viviamo nell'era della globalizzazione. Credo che coloro che utilizzano il Ta Moko debbano sapere quali sono le sue origini ed essere rispettosi di quel patrimonio. Ma il copyright significa avere la proprietà di qualcosa. Ora, la proprietà è un concetto che alcuni maori non apprezzano. Se questa è l'unica opzione, allora forse. Ma spero che il tribunale Waitangi (istituito per esaminare le denunce dei maori sulla colonizzazione, ndr) trovi un altro modo per proteggere la nostra cultura, inventi un nuovo quadro giuridicoo. Per la Ka Mate la federazione neozelandese e la tribù Ngati Toa sono state in grado di trovare un accordo reciproco: da una parte la tribù ha detto che senza Ta Rauparaha non ci sarebbe Ka Mate, dall'altra la federazione ha detto che senza gli All Blacks oggi potremmo non esserne più a conoscenza.
Sylvain Mouillard e Ludovic Job


1 commento:

  1. ciao,
    mi chiamo Alberto e ho trovato l'articolo molto interessante.

    ho una curiosità:
    qual'è stato il primo giocatore maori di rugby?

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