lunedì 21 marzo 2011

Scozia-Italia 21-8, un'altra analisi


Scozia-Italia è stata una di quelle partite che piacciono agli allenatori, anche se le perdono. A Nick Mallett l'Italia di Murrayfield è piaciuta per il predominio territoriale, ancorché piuttosto sterile, degli azzurri e per la loro capacità di conservare un buon possesso di palla nonostante una rimessa laterale da incubo, almeno nel primo quarto di gioco, e una mischia chiusa ininfluente.
Qualcuno ricorderà i tempi in cui si gridava al miracolo quando una squadra raggiungeva la quarta fase di gioco, concludendola quasi sempre in meta perché a quel punto l'avversario era perso per il campo boccheggiante. Oggi, anche quando non si pratica gioco sequenziale fino all'onanismo della ventesima fase e oltre, superare la decima è ormai quasi normale. La sequenza più lunga dell'Italia in Scozia è stata di 12 tempi di gioco, gli scozzesi ne hanno costruite due di 13. Ovvio quindi che diventi interessante capire se tutto questo impegno serva a qualcosa. Un modo per misurare l'efficacia delle squadre è osservare se nel gioco multifase viene conquistata o meno la linea del vantaggio, cioè se c'è avanzamento dopo una fase statica o in uscita da un raggruppamento. Tra Scozia e Italia è finita in sostanziale equilibrio. Gli scozzesi sono andati avanti 40 volte (21 nel primo tempo, 19 nel secondo), hanno dovuto ripiegare 38 volte (20+18). Gli italiani hanno prodotto avanzamento 64 volte (23+41) e sono stati respinti 61 volte (25+36). Calcolo puramente indicativo, perché non tiene conto della misura dell'avanzamento: un metro o 50 fa una bella differenza. E poi dovrebbe far riflettere il fatto che l'Italia, quando nel primo tempo avanzava meno di frequente, stava vincendo. Ma tant'è. Sotto questo profilo gli azzurri non sono stati inferiori agli scozzesi, anzi. Hanno gestito nel gioco sequenziale ben 125 palloni, contro i 78 degli avversari. E questo agli allenatori piace.
Ma allora perché abbiamo perso? Un altro dato ci fornisce una chiave di lettura. E' il bilancio dei turnover, attimo cruciale in cui la palla passa di mano. Nel primo tempo l'Italia ha ridotto gli errori al minimo: solo due turnover contro i tre degli scozzesi. Il primo è stato commesso dopo più di 20 minuti (gioco a terra su Burton). E non per caso nel primo quarto di gioco è arrivata la meta di Masi (dopo 4 fasi senza avanzamento e 2 finalmente oltre la linea del vantaggio). Nella ripresa invece è stato un disastro. Mentre gli scozzesi concedevano un solo turnover, l'Italia ne ha scontati duramente undici. Interessa l'elenco? 1) mancata intesa tra i centri dopo 11 fasi, 2) salvataggio in affanno per aiutare Ghiraldini su contropiede scozzese, 3) passaggio sbagliato di Burton in faccia a Semenzato, 4) ruck non controllata, 5) errore di Semenzato dietro una ruck, 6) errore nel gioco a terra, 7) passaggio sbagliato tra Orquera e Barbieri, 8) pallone non controllato a terra, 9) velo su azione da meta, 10) in avanti di Barbieri su passaggio di Parisse, 11) in avanti di Parisse. E poi ci sono i sei calci concessi con la palla in mano (contro i tre degli scozzesi), che fanno salire a una ventina gli episodi che hanno vanificato gli sforzi degli italiani, 14 dei quali nel secondo tempo che la squadra aveva cominciato in vantaggio. Errori individuali e collettivi, come quelli che hanno consentito alla Scozia di andare in meta due volte: 1) mismatch difensivo di Semenzato e Burton su Hines e Di Luca dal lato chiuso, 2) copertura in ritardo e placcaggio mancato di Zanni su Walker. O come la corsa sfortunata di McLean, incapace di percepire il sostegno interno sulla più chiara delle azioni da meta.
Ecco, tutto questo all'allenatore non è piaciuto affatto, ne siamo certi. 
Paolo Catella

Nessun commento:

Posta un commento