L'International Board ha presentato nei giorni scorsi un rapporto sulla crescita del rugby nel mondo. Tante cifre sulle potenzialità commerciali del mondo ovale, l'ovvia previsione di un possibile sviluppo in chiave olimpica con l'ingresso nel programma del Seven dal 2016, e l'altrettanto ovvia prospettiva di grande business a oriente in vista del mondiali giapponesi del 2019. Trionfo annunciato del marketing. Ma il rapporto riserva anche qualche dato sorprendente. Chi avrebbe immaginato che nella top ten del popolo del rugby ci fosse lo Sri Lanka?
A pochi mesi dal mondiale neozelandese, l'Irb ha fatto censimento e ora può vantare una popolazione di rugbisti registrati superiore ai cinque milioni di unità. Bisogna dire subito che i criteri del censimento sono piuttosto discutibili. Basti pensare che circa la metà di questi cinque milioni di praticanti viene attribuita alla sola Inghilterra (anche se il rapporto, correttamente, sottolinea che la cifra non è corroborata da una verifica indipendente). L'Inghilterra, in realtà, ha censito solo 172 mila giocatori senior, mentre sarebbero un milione e mezzo i teen ager e oltre 800 mila i bambini sotto i dieci anni che magari la palla ovale l'hanno vista qualche volta a scuola fra tanti altri attrezzi sportivi. Vogliamo dire che una cifra globale credibile si aggira sui tre milioni di praticanti? Diciamolo, mica sono pochi.
*Il dato dell'Inghilterra non è confermato da verifica indipendente
*Il dato dell'Inghilterra non è confermato da verifica indipendente
Ma torniamo allo Sri Lanka. Nella classifica dei rugbisti, dietro Inghilterra, Sudafrica, Francia, Irlanda, Nuova Zelanda e Giappone, al settimo posto, davanti all'Argentina e all'Australia, per non parlare di Galles, Scozia, Samoa e Figi, c'è proprio il paese che chiama la sua Nazionale i “coraggiosi elefanti”, con oltre 103 mila giocatori registrati, 15 mila dei quali donne. L'Italia, con i suoi 66 mila praticanti, è all'undicesimo posto.
Sorpresa? Fino a un certo punto, a ben guardare. Sull'isola che un tempo chiamavamo Ceylon si gioca a rugby fin dall'800. Il primo club fu fondato dagli inglesi a Colombo nel 1879. E nel 1907 una rappresentativa di Ceylon giocò una partita con gli All Blacks, perdendola 33-6, ma 80 anni prima dell'Italia. Era la Nazionale neozelandese che sarebbe passata alla storia con il nickname di All Gold. Invitata in Inghilterra dalla Northern Union, giocò di fatto quasi sempre con le regole della rugby league, anche se scoprì solo all'arrivo in Europa che gli inglesi avevano deciso di giocare in tredici. Due anni dopo il leggendario tour degli “Originals”, parecchi All Blacks avevano deciso di monetizzare quel successo. Nel lungo tragitto dall'Australia, questa squadra si fermò appunto a Colombo. L'anno dopo nasceva ufficialmente la Union isolana. Nel 1950 toccò ai Lions disputare un match a Ceylon, vinto 44-6. E arrivando ai giorni nostri, l'anno scorso lo Sri Lanka, 42° nel ranking mondiale, è approdato nel Cinque Nazioni asiatico e assunto un allenatore neozelandese. Non male come retroterra, anche se attualmente è in corso una furiosa lite dirigenziale che ha convinto l'Irb a mettere in mora la Union singalese e un ministro a intervenire per sedarla.
Giocano parecchio il Seven nello Sri Lanka. Uno degli eroi locali è Fasil Marija, apertura di 25 anni, capitano della squadra nazionale di rugby a sette. Nel marzo scorso è stato convocato per disputare il torneo di rugby a dieci di Hong Kong nelle file degli Asian Pacific Barbarians. Vietato sorridere con sufficienza, perché il presidente del club è Sean Fitzpatrick, l'allenatore David Campese, a Hong Kong Marija, che nella lista dei convocati compare misteriosamente come Fasil Majari, ha giocato con George Gregan, Justin Marshall, Christian Cullen. Hanno perso solo in finale.
Ma quello che più conta è che il meglio deve probabilmente ancora arrivare. Dietro il fenomeno Sri Lanka c'è una scelta precisa di politica sportiva. L'anno scorso il rugby è entrato ufficialmente nel curriculum scolastico nazionale. Il progetto è di organizzare rugby in 8400 scuole entro tre anni. Non saranno mai campioni del mondo, ma riuscire a mandare in campo più di 100 mila giovani, su una popolazione di 20 milioni di anime, in un paese reduce da una guerra lunga e terribile con l'etnia tamil, è già un piccolo record.
Paolo Catella
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