sabato 19 novembre 2011

"Castoro" Donald, un eroe per caso

Stephen Donald, autore del calcio decisivo nella finale della Coppa del mondo, ha debuttato la settimana scorsa a Glasgow nelle file del Bath. Entrato a pochi minuti dalla fine ha segnato il calcio che sembrava poter assegnare la vittoria alla sua squadra. Poi una meta allo scadere ha consegnato la partita agli scozzesi. Sul Telegraph è comparso questo ritratto di Donald, un eroe per caso.

 
Ricorda che passeggiando ha scoperto che il cartello di benvenuto al suo piccolo paese di Waiuku era stato stranamente cambiato durante la notte con un "Benvenuti a Beaverville", la città del Castoro. Quando ha acquistato il giornale locale, sulla testata del Waiuku Post ha visto che ora si leggeva “Beaverville and District Post”, mentre dietro l'angolo del pub “il Lupo e il Castoro” il club della sua amata squadra locale di rugby era stato misteriosamente ribattezzato Beaver Park. Un focolaio di estatica follia per il roditore aveva avvolto la sua città natale in Nuova Zelanda e il vecchio insegnante non avrebbe potuto essere più felice, considerando che tutto ciò dipendeva dalla scarpa destra taglia 11 e mezzo di suo figlio, Stephen Donald, l'uomo da sempre soprannominato affettuosamente Castoro nella città da tempo caduta ai piedi di un allievo con i denti in fuori e un dannato talento per il rugby.
"Sì, sono completamente pazzi", scherza Brett. "Quella scarpa potrebbe diventare un monumento nazionale ora. Sto occupandomene per Stephen con il Museo della Nuova Zelanda di Wellington, ma anche un paio di altri la vogliono in prestito". Sì, la scarpa che ha vinto una Coppa del mondo. La scarpa che ha trasformato una vera e propria Cenerentola del rugby nella più imprevedibile favola sportiva dell'anno. La scarpa che ha calciato il penalty contro la Francia e trasformato un giocatore che 12 mesi prima era stato oggetto di scherno in un eroe popolare. Un momento e Donald è un ex-All Black dimenticato che partecipa a una festa di pescatori e birra sul fiume Waikato, un momento dopo è la quarta scelta di emergenza come mediano d'apertura a malapena in grado di spremere comicamente il suo fisico da bassa stagione in un'attillata maglia nera, ma capace di mandare il paese in visibilio all'Eden Park.
"E' sorprendente come, in tutto il paese, sembra aver catturato le menti delle persone", spiega Brett. "I suoi compagni come Richard Kahui gli dicevano: bisogna fare un un film su tutto questo, Castoro". Sì, senza dubbio, con il titolo “La vita è meravigliosa”. Da Beaverville a Bath.

Seduto alla Farleigh House, nel suo nuovo club, la star del film ancora non riesce a credere al momento che ha cambiato tutto. "Sì, è piuttosto bizzarro, una storia che ha cambiato la mia vita per tanti aspetti. Ma sono sempre io. Per la mia famiglia e gli amici e per Waiuku, io sono ancora lo stesso ragazzo, un kiwi normale", sorride affabile il numero 10 del Bath.
Normale? Non esiste. Quando Donald ha visto la folla che lo osannava, si è sentito addirittura intimidito. "Sarei diventato molto grasso se fossi rimasto in Nuova Zelanda", dice l'uomo che non dovrà mai più comprare una pinta di birra. "Waiuku è diventata Beaverville, tutti sono impazziti, è stato bello essere parte di tutto questo. Mi è piaciuto in quelle sfilate vedere cosa significava per il paese. E mi ha davvero colpito".
Ma adesso come si va avanti? "Beh, ho pensato di iniziare un'altra favola al mio debutto con Bath lo scorso fine settimana, prima che ci fosse quel finale da spezzare il cuore", riflette, essendo venuto dalla panchina per un ultimo penalty a Glasgow, solo per vedersi superato dalla meta di Richie Gray a cronometro ormai fermo.
Domenica, l'ultimo ricordo della sua eroica performance verrà con la visita del Montpellier in Heineken Cup e il nuovo incontro con il suo diretto avversario nella finale di Coppa del mondo, François Trinh-Duc. "Sono sicuro che alcuni ragazzi francesi vorranno prendersi la rivincita su di me per un paio di frustrazioni patite quella notte, ammesso che riescano a mettermi le mani addosso”. I nuovi compagni di squadra, dice Donald, hanno a malapena sentito parlare di Beavermania. "Sto cercando di versare un po' di acqua fredda sul soprannome, ma non sono sicuro che basterà", dice mestamente.
Quel soprannome è presumibilmente legato alla sua somiglianza con un personaggio di un programma per bambini chiamato “Leave It to Beaver”. Il suo amico, Brian Palmer, era conosciuto come il “lupo grigio” nella squadra degli oldies di Waiuku. Così “il Lupo e il Castoro” sarebbe diventato il nome del piccolo pub gestito dai due in società. Che notte devono aver passato lì il mese scorso, quando la Nuova Zelanda è stata nelle mani di Castoro. Entrato in campo dopo 30 minuti per sostituire l'infortunato Aaron Cruden, Donald, che non aveva calciato una palla per sei settimane, ha preso il posto di uno sbalestrato Piri Weepu e messo a segno il calcio che si sarebbe rivelato decisivo. Ehm, solo per un pelo.
La gioia di Waiuku significa tutto per Donald. "E 'una cittadina stupenda, in mezzo al nulla sulla costa occidentale dell'Isola del Nord, un posto che amo". Un luogo dove Brett, oggi presidente del club giovanile di Stephen a Waiuku, è stato trascinato sul campo per ore di allenamento al calcio piazzato da un ragazzo di cinque anni ossessivamente determinato a diventare un All Black. "Quello che probabilmente ho amato di più di quei festeggiamenti per la Coppa del mondo è stato vedere la gioia che ha portato alla mia famiglia e agli amici in Waiuku", dice Donald. "Sono le persone che sono sempre state al mio fianco, anche quando i critici si sono messi al lavoro”. Il dolore per le pugnalate alle spalle lo ha sperimentato lo scorso ottobre quando, entrato negli ultimi 20 minuti per sostituire Dan Carter, con gli All Blacks avanti sull'Australia 24-12 nel match di Hong Kong, Donald ha mancato un calcio in touche che ha provocato la meta vincente di James O'Connor. La critica è stata brutale. "Penso che più grande crimine di Stephen sia stato solo di non essere Dan Carter. Veniva insultato anche quando si stava scaldando nelle partite successive", ricorda Brett. "Eravamo in tribuna [Brett e la moglie Sheryll, ndr] e dovevamo ascoltare battute al vetriolo, roba stupida, e morderci le labbra cercando di ignorarle. E' stato sconvolgente anche per lui". "Ha fatto male", ammette Donald, avendo dovuto di fatto accettare che la sua carriera negli All Blacks fosse finita quando Graham Henry preferì Cruden come sostituto per gli infortunati Carter e Colin Slade.
Poi venne la chiamata di emergenza di Henry, mentre lui era a pesca, anche se Donald aveva fatto del suo meglio per ignorarlo, dato che aveva cancellato l'allenatore dai suoi contatti telefonici e non aveva dunque riconosciuto il numero. "Poter giocare la finale è stata l'occasione che desideravo più di ogni altra cosa per dimostrare ad alcune persone che potevano aver avuto il torto", dice Donald, che non ha rinunciato alla possibilità di riprendere la sua carriera internazionale dopo questa esperienza a Bath. "Nessuno a Waiuku ha mai perso la fiducia in lui", dice Brett. "E' sempre stato un giocatore di rugby forte e di carattere, un buon giocatore per i Waikato Chiefs e la gente dimentica che ha segnato più di 100 punti per gli All Blacks. E' bene che sia arrivato un po' di karma". Sì, il karma per quel tipo che Richie McCaw ha salutato come "un uomo dannatamente buono".
La cosa che colpisce di più nelle celebrazioni post-finale è stato quanto i suoi compagni di squadra abbiano apprezzato l'uomo-squadra disinteressato, genuino, concreto. "E spero che la gente lo veda come un bravo ragazzo anche in Inghilterra", dice suo padre. Donald sembra esattamente questo. Si presenta come un eroe per caso. "Aspettavo da sempre di fare quel calcio. Si tratta solo di correre un po' e tirare una pedata. Questo è tutto. Non potete prendere la cosa più seriamente di così". Ma che ne facciamo di quella scarpa Adidas, Stephen? "Non è in vendita", dice. "Potrei darla in prestito ai musei. Poi, quando a nessuno interesserà più e io sarò un vecchio grasso..., forse la metterò nella mia sala da biliardo".
Sicuro, ma il bar al piano inferiore del “Lupo e Castoro”, dove Brian sta andando a creare un santuario per il suo compagno sarebbe il luogo perfetto? "No", ride il padrone di casa. "Non mi fiderei di alcuni dei nostri clienti, che potrebbero portarsela via!".
Ian Chadband

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