Alti rappresentanti dei top club francesi e inglesi stanno esplorando la possibilità di uno spostamento della stagione del rugby in estate come alternativa alla circostanza di perdere i loro migliori giocatori durante la Coppa del Mondo e il Sei Nazioni. La discussione, avvenuta in una recente riunione dopo il mondiale in Nuova Zelanda, arriva sulla scorta di un rinnovato interesse per la creazione di un campionato del mondo per club.
Intanto, nel volatile mondo del rugby professionistico, Leicester ha avuto contatti con i proprietari delle squadre di football in America per disputare partite pre-stagione nei loro stadi e ha preso in considerazione l'ipotesi di giocare anche in Cina e Giappone. Ovunque si guardi, agitata e ispirata da proprietari e investitori multi-miliardari come Bruce Craig del Bath e Johann Rupert dei Saracens, la spinta è verso una rapida e aggressiva espansione. Per ora i grandi club europei - le trattative hanno coinvolto Leinster, Munster, Tolosa, Tolone, Racing Metro e Cardiff - si accontentano di forzare i limiti dall'interno della situazione corrente. Ma non può passare molto tempo, soprattutto in considerazione dello stato quasi-anarchico della Rugby Football Union inglese in termini di governance, prima che le grandi istituzioni rugbistiche europee decidano di agire. "Bruce Craig è andato dritto al punto durante un recente incontro", ha detto il presidente di un importante club di Premiership. "Ha sostenuto che se stava per investire 50 milioni di sterline per uno stadio da 25 mila posti nell'antica città di Bath, non c'era la possibilità di riempirlo giocando con Newcastle, mentre ci sarebbe riuscito incontrando regolarmente Stade Français e Cardiff".
Mark McCafferty, chief executive della Premier Rugby, conferma la frustrazione avvertita da molti dei club inglesi maggiori: "Ci rende nervosi la velocità dei cambiamenti su vari fronti. Vogliamo vedere la Heineken Cup diventare sempre più grande e migliore, mentre a volte sentiamo che il ritmo del cambiamento è troppo lento. Ci piacerebbe ampliare l'attività con un campionato del mondo per club, ma come elemento complementare e non come un sostituto".
McCafferty e Quentin Smith, presidente della Premier Rugby, hanno tenuto una serie di incontri in Nuova Zelanda durante la Coppa del Mondo per raccogliere sostegno intorno all'iniziativa ed esplorare nuovi formati. La difficoltà sta nel trovare uno slot adatto per accogliere le esigenze contrastanti della stagione nei due emisferi. "C'è grande interesse per uno scontro di questo genere", sostiene McCafferty. "Non c'è alcun dubbio. E' solo questione di articolare il calendario per farlo funzionare. Noi la vediamo come una lacuna nell'offerta sportiva di rugby, se volete. C'è il rugby europeo, c'è il Super Rugby [nell'emisfero sud] e c'è il rugby internazionale, ma non una sfida tra i migliori club e squadre provinciali a livello mondiale".
Manie di grandezza da titani inglesi? Forse, dato che meno della metà dei club in Premiership chiude i bilanci in pareggio e nessuno riesce a realizzare un profitto sostanziale, oltre a situazioni allarmanti come quella del proprietario dei Wasps Steve Hayes che sta cercando di vendere quello che era uno dei marchi più importanti del rugby europeo. Non è certo il quadro di un'industria dinamica e finanziariamente sostenibile, pronta collettivamente a passare al livello successivo di crescita. Ma non si può nascondere che le tensioni non mancano, con alcuni dei club più ambiziosi desiderosi di perseguire ciò che vedono come nuove opportunità. "Sono gli istinti animali", dice un insider. "Alcuni dei personaggi ora coinvolti nel rugby sono imprenditori abituati a farsi strada. La loro posizione di default è di dire 'come possiamo fare questo?', piuttosto che 'perché farlo?' Sono continuamente alla ricerca di modi diversi per andare avanti".
Lo scenario estivo ne è un esempio. Costernati di dover giocare durante la Coppa del Mondo con molte delle loro stelle mancanti, alcuni dei più grandi club francesi e inglesi sono decisi a fare in modo che non accada di nuovo e stanno pensando di passare a una stagione che attraversi la primavera e l'estate, da marzo a novembre. L'iniziativa ha due grandi vantaggi. Allinea, grosso modo, i due emisferi con la creazione di una stagione mondiale durante la quale gli appuntamenti internazionali sarebbero contesi tra paesi in condizioni simili di preparazione, piuttosto che nella situazione ridicola che esiste ora, in cui squadre devastate dagli infortuni e dalla stanchezza di fine stagione affrontano avversari che hanno appena rotto il fiato all'inizio della loro. Sarebbe inoltre possibile creare lo spazio per competizioni come il campionato del mondo per club.
"Ci sarebbe la possibilità di un clima migliore e di un diverso tipo di rugby capace di espandere la partecipazione del pubblico", dice McCafferty. "Ma abbiamo bisogno che tutti partecipino alla discussione, perché ci sono i tour di giugno e quelli dei Lions che si verificano in quel periodo. Quindi non è una soluzione si può trovare da soli. Queste cose richiedono diversi anni di gestazione, ma arriverà un momento in cui si presenterà l'opportunità e dovremo essere pronti. Abbiamo avuto delle discussioni, ma per il momento sono solo interne e non sono ancora arrivate al Board del gioco professionistico".
McCafferty è riluttante a proporre una tempistica per cambi radicali, ma c'è una sensazione crescente che i piani espansionistici di proprietari e investitori irrequieti non potranno essere contenuti in eterno, e che gli accordi attuali che vedono i club trattati tutti più o meno allo stesso modo sono sottoposti a una tensione considerevole. Il rugby di casa nostra nel mese di luglio? Non nel futuro immediato, forse, ma non fate scommesse contro questa possibilità.
Mark McCafferty, chief executive della Premier Rugby, conferma la frustrazione avvertita da molti dei club inglesi maggiori: "Ci rende nervosi la velocità dei cambiamenti su vari fronti. Vogliamo vedere la Heineken Cup diventare sempre più grande e migliore, mentre a volte sentiamo che il ritmo del cambiamento è troppo lento. Ci piacerebbe ampliare l'attività con un campionato del mondo per club, ma come elemento complementare e non come un sostituto".
McCafferty e Quentin Smith, presidente della Premier Rugby, hanno tenuto una serie di incontri in Nuova Zelanda durante la Coppa del Mondo per raccogliere sostegno intorno all'iniziativa ed esplorare nuovi formati. La difficoltà sta nel trovare uno slot adatto per accogliere le esigenze contrastanti della stagione nei due emisferi. "C'è grande interesse per uno scontro di questo genere", sostiene McCafferty. "Non c'è alcun dubbio. E' solo questione di articolare il calendario per farlo funzionare. Noi la vediamo come una lacuna nell'offerta sportiva di rugby, se volete. C'è il rugby europeo, c'è il Super Rugby [nell'emisfero sud] e c'è il rugby internazionale, ma non una sfida tra i migliori club e squadre provinciali a livello mondiale".
Manie di grandezza da titani inglesi? Forse, dato che meno della metà dei club in Premiership chiude i bilanci in pareggio e nessuno riesce a realizzare un profitto sostanziale, oltre a situazioni allarmanti come quella del proprietario dei Wasps Steve Hayes che sta cercando di vendere quello che era uno dei marchi più importanti del rugby europeo. Non è certo il quadro di un'industria dinamica e finanziariamente sostenibile, pronta collettivamente a passare al livello successivo di crescita. Ma non si può nascondere che le tensioni non mancano, con alcuni dei club più ambiziosi desiderosi di perseguire ciò che vedono come nuove opportunità. "Sono gli istinti animali", dice un insider. "Alcuni dei personaggi ora coinvolti nel rugby sono imprenditori abituati a farsi strada. La loro posizione di default è di dire 'come possiamo fare questo?', piuttosto che 'perché farlo?' Sono continuamente alla ricerca di modi diversi per andare avanti".
Lo scenario estivo ne è un esempio. Costernati di dover giocare durante la Coppa del Mondo con molte delle loro stelle mancanti, alcuni dei più grandi club francesi e inglesi sono decisi a fare in modo che non accada di nuovo e stanno pensando di passare a una stagione che attraversi la primavera e l'estate, da marzo a novembre. L'iniziativa ha due grandi vantaggi. Allinea, grosso modo, i due emisferi con la creazione di una stagione mondiale durante la quale gli appuntamenti internazionali sarebbero contesi tra paesi in condizioni simili di preparazione, piuttosto che nella situazione ridicola che esiste ora, in cui squadre devastate dagli infortuni e dalla stanchezza di fine stagione affrontano avversari che hanno appena rotto il fiato all'inizio della loro. Sarebbe inoltre possibile creare lo spazio per competizioni come il campionato del mondo per club.
"Ci sarebbe la possibilità di un clima migliore e di un diverso tipo di rugby capace di espandere la partecipazione del pubblico", dice McCafferty. "Ma abbiamo bisogno che tutti partecipino alla discussione, perché ci sono i tour di giugno e quelli dei Lions che si verificano in quel periodo. Quindi non è una soluzione si può trovare da soli. Queste cose richiedono diversi anni di gestazione, ma arriverà un momento in cui si presenterà l'opportunità e dovremo essere pronti. Abbiamo avuto delle discussioni, ma per il momento sono solo interne e non sono ancora arrivate al Board del gioco professionistico".
McCafferty è riluttante a proporre una tempistica per cambi radicali, ma c'è una sensazione crescente che i piani espansionistici di proprietari e investitori irrequieti non potranno essere contenuti in eterno, e che gli accordi attuali che vedono i club trattati tutti più o meno allo stesso modo sono sottoposti a una tensione considerevole. Il rugby di casa nostra nel mese di luglio? Non nel futuro immediato, forse, ma non fate scommesse contro questa possibilità.
Paul Ackford
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