martedì 13 settembre 2011

Italia, più ombre che luci

La meta di Alexander
Dopo la sconfitta con l'Australia, gli azzurri hanno tre settimane per raggiungere il top delle proprie potenzialità e affrontare il prevedibile spareggio con l'Irlanda. In mezzo ci sono le tappe di avvicinamento contro Russia e Stati Uniti. Non saranno passeggiate, ma perdere una di queste partite sarebbe più che una delusione, sarebbe il fallimento totale della spedizione. Il primo tempo dell'Italia contro i Wallabies e le difficoltà dell'Irlanda a superare l'ostacolo Usa sembrano avvalorare la diffusa opinione che gli azzurri se la possano giocare. Ma 40 minuti di buon rugby non bastano a dare certezze.

Prendiamo la prestazione della mischia, solido punto di forza della nazionale. La mischia australiana è cresciuta notevolmente negli ultimi mesi e anche Castrogiovanni e compagni hanno dovuto prenderne atto. Non c'è stata una chiara prevalenza del pack azzurro in mischia chiusa, se non nelle fasi finali del match, quando l'Italia avrebbe meritato una meta in spinta. Il controllo approssimativo di Parisse, ma soprattutto l'ingenuità di Gori hanno vanificato l'occasione, ma la terna arbitrale ha sorvolato su un colossale fallo della terza linea australiana, che avrebbe imposto la ripetizione della mischia. Ma tant'è, direbbero Raimondi e Munari.
Oltre le previsioni invece la performance in rimessa laterale, dove le torri australiane, uno dei reparti tradizionalmente all'avanguardia nel mondo, sono state contenute con efficacia, tanto che l'Italia ha perso solo tre touche su lancio proprio, rubandone una su introduzione avversaria. La batteria dei saltatori è ampia: Van Zyl, Del Fava, Parisse, Zanni, Bortolami. Contro l'Irlanda sarà fondamentale.
Buona anche la difesa intorno ai raggruppamenti ed equilibrata la sfida nel gioco a terra, con quattro turnover concessi per parte. Un risultato per nulla scontato quando si gioca contro fuoriclasse del breakdown come David Pocock. L'Italia ha però subito l'aggressività del pack australiano in occasione della meta messa a segno da Ben Alexander, che ha dato il via allo show australiano.
Per tutto il primo tempo l'efficacia difensiva degli azzurri è comunque bastata per tarpare le ali ai Wallabies, che hanno stentato ad avviare movimenti coordinati, hanno tentato di risolvere i problemi individualmente e sono stati puntualmente penalizzati per il ritardo nel sostegno. Nella ripresa hanno aumentato il ritmo e si sono focalizzati sul punto debole della difesa italiana, che resta la cerniera tra mediana e trequarti. Senza una mischia chiaramente dominante, con le terze linee sempre più assorbite nei raggruppamenti, è diventata letale l'incapacità di far salire la difesa al largo che è oggi forse il problema principale per Mallett, il difetto che ci ha quasi affondato anche contro il Giappone. Orquera si è sicuramente sacrificato ai limiti della propria consistenza fisica, ma non sembra in grado di far avanzare la difesa rapidamente per andare a placcare in campo avverso. E' una vecchia storia, cominciata al mondiale già nella prima partita disputata dall'Italia, il famoso 70-6 con gli All Blacks. Anche contro l'Australia la difesa attendista dell'Italia ha funzionato fino a quando la copertura del campo è stata sufficiente e fino a quando l'Australia non ha deciso di esplorarla con combinazioni veloci sulla linea del vantaggio. Improvvisamente si sono aperte voragini che la generosità di Semenzato, Castrogiovanni e compagni non potevano colmare. Potrebbe essere un bel problema anche contro i trequarti irlandesi.
Bisognerebbe infine parlare dell'Italia con la palla in mano, ma come sempre c'è poco da dire. Solo una volta la difesa australiana è stata chiaramente battuta, ma Parisse non è riuscito a lanciare al piede il sostegno al largo. Per il resto i trequarti azzurri mancano del passo necessario per avere ragione di avversari veloci e aggressivi. L'unica arma disponibile è il gioco tattico e Semenzato è migliorato molto nella ricerca del box al piede da dietro la mischia, cosa che ha consentito agli avanti di andare a caccia di qualche pallone interessante. Miglioramenti anche nella disciplina, dopo un avvertimento a brutto muso dell'arbitro, con soli 9 calci concessi contro i 16 degli australiani. Costringere l'avversario all'errore non sarà un emblema di bel gioco ma è importante. E i piazzati di Mirco Bergamasco serviranno come il pane contro gli irlandesi. Le sue percentuali non sono leggendarie, ma nemmeno orrende. Anche perché dopo le giornate negative di Wilkinson e Hook molti cominciano a dire che con il pallone utilizzato nel torneo i calciatori sono destinati a una via crucis.
Paolo Catella


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