lunedì 24 ottobre 2011

Una finale dominata dalle difese


E' stata una finale dominata dalle difese, come spesso è accaduto. Le analogie maggiori sono forse con la finale di Twickenham del 1991, quando l'Australia eresse un muro di mattoni gialli (e beneficiò di un trucco astuto di Campese) a difesa di un 12-6 timbrato anche allora dalla meta di un pilone. Contro un'Inghilterra andata come la Francia molto vicina al risultato clamoroso, fu un classico peel-off da touche di Daly a rompere l'equilibrio. Ancora più semplice il movimento che ha portato Woodcock oltre la linea: doppio blocco neozelandese, lancio a fondo touche su Kaino e francesi un po' polli a lasciare un varco centrale enorme. Ma che lo schema All Black fosse stato allenato è confermato dalle congratulazioni in diretta di Graham Henry a Steve Hansen. 

Questo episodio a parte, l'andamento del match è stato abbastanza speculare. Una sensibile prevalenza dei neozelandesi nel primo tempo, non concretizzata per la giornata no di Piri Weepu dalla piazzola, costata 8 punti che avrebbero certamente messo la partita su binari più rassicuranti per gli All Blacks. I francesi, come previsto solidi in mischia chiusa e in rimessa laterale, hanno retto benissimo in difesa, schierando una prima trincea molto efficace. Ma hanno potuto contare soprattutto su una prestazione mostruosa delle terze linee. Dusatoir, giustamente proclamato uomo del match, ma anche un Harinordoquy onnipresente e un attento Bonnaire hanno ridotto ogni spazio di manovra al largo. I celebrati trequarti neozelandesi non sono riusciti a fare la differenza in mezzo al campo, dove Ma'a Nonu è stato marcato straordinariamente bene da Harinordoquy, né tantomento sulle fasce, dove avevano ottenuto brillanti risultati contro l'Australia. 
Se è vero che la Nuova Zelanda avrebbe dovuto prendere un margine più ampio, è anche vero che la Francia ha avuto le sue occasioni per ribaltare il punteggio a cavallo del riposo, fallendo un drop non impossibile con Trinh-Duc e mandando fuori di poco un penalty con Yashvili. E' toccato a Stephen Donald mettere a segno i tre punti che si sarebbero rivelati alla fine decisivi (Dusatoir non rotola dopo un placcaggio su Nonu). Qui è cominciato il dramma di Piri Weepu, l'eroe del dopo Carter. Stephen Donald è andato a prendersi la palla chiarendo a muso duro che avrebbe calciato lui. Il mondiale può essere questone di centimetri. Il penalty centrale è entrato per un soffio accanto al palo destro. Weepu comunque non l'ha digerita. Nell'azione successiva, con la Francia subito in pressione per recuperare il risultato, il mediano di mischia, invece di garantirsi il possesso di una palla vagante, si è inventato un assurdo calcetto laterale destinato a un pilone e finito fatalmente nelle mani di Trinh-Duc. Il contrattacco francese è stato devastante. Rougerie ha portato l'azione fino a cinque metri dalla meta, scompaginando una difesa completamente fuori equilibrio. Troppi All Blacks si sono dovuti concentrare in un disperato presidio dell'angolo sinistro dell'attacco francese. La seconda fase è stata lenta, ma i neozelandesi non sono riusciti lo stesso a risabilire la parità numerica al largo, Reid non è arrivato nemmeno vicino a Dusatoir e il capitano francese ha superato un Ma'a Nonu un po' pigro segnando alla base del palo destro.
All Blacks sotto choc e Weepu nel pallone, tanto da sbagliare come un Quade Cooper qualsiasi il calcio di rinvio da centro campo. Graham Henry ci ha messo un secondo a decidere: fuori Weepu e dentro Andy Ellis. Ma la partita, dopo una pallida reazione neozelandese, è rimasta comunque in mano ai francesi. Ed è stata questa la fase che ha, in qualche modo, ripetuto specularmente il primo tempo. La Francia si è insediata per venti minuti in territorio nemico, capitalizzando anche il migliore approccio tattico di Yashvili. Ha avuto un'occasione per portarsi in vantaggio a un quarto d'ora dalla fine (mischia stappata), ma ha mandato al tiro da centro campo Trinh-Duc invece di tentare il calcio a lunga gittata di Traille. Sorpasso fallito. I francesi hanno continuato ad attaccare, trovando però una prima trincea neozelandese abbastanza efficiente, anche se non al livello di quella degli avversari nella prima frazione. Sono state ancora una volta le terze linee, stavolta quelle in maglia nera, a decidere la partita. McCaw, Kaino e Read hanno realizzato una copertura strepitosa, arginando ogni iniziativa dei trequarti francesi. Emblematica l'azione in 18 fasi che ha esaurito, a cinque minuti dalla fine, la spinta propulsiva della Francia, incapace di  avanzare a meno di 35 metri dalla linea di meta avversaria. Ma ancora più cruciale il turnover conquistato da Richie McCaw poco dopo, con una cacciata di palla suicida su una ruck presidiata da Mermoz. Molto si discuterà se nel momento di massima pressione i francesi avrebbero avuto diritto almeno a un piazzato. Certo è che la difesa neozelandese li ha tenuti abbastanza lontani da non permettere loro nemmeno di tentare un drop.
Si è arrivati così agli ultimi tre minuti, con gli All Blacks impegnati esclusivamente a mantenere il possesso con ruck ripetute, fino al fuorigioco di frustrazione di Szarzewski e al calcio in touche di Ellis che ha chiuso le ostilità e dato il via alla festa neozelandese.
Detto che nel rugby vince chi lo merita, va dato atto ai francesi di aver messo in grandissima difficoltà gli All Blacks, grazie a una più lucida gestione tattica della partita. A conferma che il know-how delle squadre europee al loro meglio può creare enormi problemi anche alle nazionali dell'emisfero sud. Questa la differenza sostanziale rispetto alla finale del 1987, quando gli All Blacks erano avanti anni luce nella tecnica e nelle strategie di gioco. Per finire, va però reso omaggio al triumvirato tecnico neozelandese. Graham Henry, Wayne Smith e Steve Hansen hanno fatto più di un miracolo. Hanno vinto una finale schierando la quarta apertura e senza un calciatore affidabile. Hanno dato fiducia, fin quasi alla fine, a Piri Weepu, che ha preso su di sé responsabilità enormi, ma rischiato di fare la fine di Carlos Spencer e del suo volatile talento. Hanno creduto nella crescita di Ma'a Nonu, dopo averlo escluso con Weepu dal mondiale 2007. Hanno lanciato, anche a costo di pensionare anticipatamente una leggenda come Mils Muliaina, un triangolo allargato giovane, intraprendente, di grande talento. Hanno costruito un pack efficiente, equilibrato, aggressivo, incardinato su una prima linea compatta, sorretto da una seconda linea che ha mixato sapientemente l'esperienza inimitabile di Brad Thorne e il vigore giovanile di Sam Whitelock, ma soprattutto esaltato da una terza linea fantastica. Richie McCaw, Jerome Kaino e Kieran Read reppresentano l'ultimo capitolo di una lunga storia, che ha visto i neozelandesi innovare costantemente gli standard tecnici e le abilità combinatorie di questi uomini-ovunque del rugby moderno.
Paolo Catella

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