giovedì 20 ottobre 2011

Wayne Smith, ultima chiamata All Black

Wayne Smith, assistente allenatore degli All Blacks, darà l'addio all'incarico dopo la finale contro la Francia. L'Independent gli rende omaggio con un ritratto in cui c'è anche parecchia Italia. Wayne Smith ha allenato a Treviso e Casale sul Sile.

 
Wayne Smith prova un amore profondo e duraturo per il rugby francese, per cui se avesse sentito, un paio di giorni fa, le parole di André Boniface, il maestro del midfield di Mont-de Marsan, sullo spettacolare assalto iniziale degli All Blacks contro i Wallabies nella semifinale dello scorso weekend, quelle parole sarebbero state musica per le sue orecchie. "Per la prima volta nella mia vita", ha detto Boniface, 78 anni "mi sentivo come se stessi guardando un film. Mai prima d'ora, come giocatore o come spettatore, ho provato un'esperienza simile. Per questo ringrazio gli All Blacks". Smith è uno dei due assistenti di Graham Henry in questo torneo, l'altro è Steve Hansen, ma tale è stata la qualità del contributo dato da questo venerato uomo dell'Isola del Nord al gioco in questo paese negli ultimi tre decenni – salvi i soggiorni all'estero, in particolare con Northampton tra il 2001 e il 2004 – che non c'è nessuno nel mondo degli dei del rugby che lo possa considerare meno di un faro. Ora il suo rapporto con la nazionale sta volgendo al termine, circa 31 anni dopo aver fatto il suo debutto con la felce argentata nel ruolo di apertura. Ha un'ultima partita davanti a sé, e dato che si tratta di una finale dei Mondiali, proprio contro i francesi, promette di essere davvero un grande addio.
"Gli ultimi cinque minuti nel box dei coach lo scorso fine settimana sono stati davvero speciali" dice Smith, "perché a quel punto sapevo di avere ancora un'altra settimana. Ma sì, qualunque cosa accada ora, questa è la mia ultima partita con la squadra. Ho passato un sacco di anni qui e non li scambierei con qualsiasi altra cosa: sono stati i giorni migliori della mia vita, ma arriva un momento in cui le decisioni devono essere prese, quando diventa chiaro che passare a qualcosa di diverso è nel migliore interesse di tutti. Quel tempo è ora, poi dovrò concentrarmi su altro".
Inizialmente, cercherà di concentrarsi sui Waikato Chiefs, dove il tattico cinquantaquattrenne ha accettato di lavorare per due anni come consulente tecnico. Sarà una sorta di ritorno a casa, perché se si è fatto un nome come giocatore nell'Isola del Sud con la potente provincia di Canterbury, è tuttavia nato a Putaruru, un piccolo paese pochi chilometri a sud-est di Hamilton, capitale della regione di Waikato.

Cosa succederà dopo il 2013? Domanda affascinante. Ieri, Smith ha detto che se nascerà un'occasione sufficientemente intrigante sarebbe disposto a tornare ad allenare in campo internazionale: "Voglio essere al prossimo Mondiale con qualcuno, in un ruolo e nell'altro". Ecco un test: qualcuno è sveglio a Twickenham? Fine.
Se Boniface pensava di guardare una specie di versione da computer ad alta definizione del suo gioco più amato quando in campo c'erano i neozelandesi, questo è il risultato di un lavoro in gran parte diretto da Smith, che opera a stretto contatto con il suo omonimo, il trequarti centro Conrad Smith. Questo secondo Smith è di gran lunga il miglior esterno centro di questo sport, un giocatore dall'intelligenza così evoluta da renderlo l'uomo perfetto per assorbire le idee del coach, trasmetterle alla linea veloce e portarle a realizzazione. "La maggior parte delle cose che voglio dire su Wayne, le dirò a lui," dice l'uomo che chiamano "Snake", un soprannome che ha più a che fare con le sue doti di corridore sfuggente in attacco che con il fatto di essere un avvocato qualificato. "Ma lui è stato grande per me. Il mio intero sviluppo come giocatore professionista di rugby è stato sotto i suoi occhi e gli devo molto".
Ma chi sono stati gli uomini che hanno aiutato l'allenatore ad affinare le sue idee su tattica e strategia, sulla selezione e il perfezionamento dei giocatori? Di fronte a questa domanda ieri ha indicato il fantastico estremo francese e pensatore tecnico di frontiera Pierre Villepreux come una grande influenza, e poi il meno noto connazionale di Villepreux André Buonomo, entrambi incontrati in Italia, dove ha giocato e allenato alla fine degli anni anni '80 e nei primi anni '90 dopo il ritiro dal rugby di alto livello in Nuova Zelanda. Se si considera che due dei più raffinati e fantasiosi allenatori britannici degli ultimi 40 anni - Carwyn James e Brian Ashton - hanno affinato il loro pensiero in Italia... bene, si può solo dire che da quelle parti c'è qualcosa nell'acqua.
"Vengo da un background di rugby molto analitico", spiega Smith. "Queste persone agivano invece all'altra estremità dello spettro, concentrandosi sui movimento in campo e sullo sviluppo del senso del gioco. In Nuova Zelanda siamo bravi nelle competenze e la tecnica, ma non altrettanto sulla più ampia comprensione di come il gioco potrebbe essere modellato. Per me è stata una grande curva di apprendimento e quando sono tornato a casa avevo una mia filosofia, che era una fusione delle due culture".
Tutto questo rende lo scontro di idee che va in scena in questo fine settimana davvero gustoso, anche se il popolo del rugby in Nuova Zelanda vede la finale più come un'incoronazione che come una vera sfida. Non può sorprendere che Smith alzi la guardia quando ha il sentore che si dia qualcosa anche lontanamente di scontato: "La Francia ci ha storicamente reso la vita difficile in Coppa del mondo. Ha la capacità mentale di trasformare i risultati. Ma siccome lo sappiamo, questo ci dovrebbe aiutare. Se ci renderemo contro di quanto dura sarà, eviteremo ogni compiacimento".
Che è praticamente il punto sollevato anche dal suo omonimo, visto che i due uomini condividono la stessa lunghezza d'onda. Richiesto di un commento sulle quote che gli scommettitori attribuiscono alla vittoria della Nuova Zelanda - alcuni bookmakers danno gli All Blacks favoriti 1 a 9 - Conrad Smith suona una nota di cautela: "Qualcuno riferirà ai francesi questi numeri, proprio come li stai dicendo a noi, e quando ricevi questo tipo di informazioni... come atleta professionista, ecco pronta la tua motivazione, non è così? Ci sono storie dietro ogni partita che si gioca e questa squadra All Black è diventata brava a confrontarsi con esse. Ci occuperemo di questa storia, ma c'è sicuramente un elemento di paura prima di una grande partita come la finale della Coppa del mondo".
Per lo Smith più anziano, quale che sia la paura che prova non sarà quella dell'ignoto: era nella cabina di comando quando la Francia si è lavorata la Nuova Zelanda nei quarti di finale a Cardiff una notte di quattro anni fa. La sua paura sarà di natura diversa, perché non potrà tornare indietro dalla sua decisione di allontanarsi dai suoi amati All Blacks. E' la chiamata giusta? Lo scopriremo nel 2015, quando ricomparirà per il prossimo confronto globale.
 

Chris Hewett

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