sabato 22 ottobre 2011

Jerome Kaino, come nasce una stella

Jerome Kaino è forse il giocatore che ha più impressionato tra gli All Blacks durante la Coppa del mondo. Con McCaw e Reid forma una terza linea dominante e inimitabile. E' stato inserito fra i candidati a giocatore dell'anno. Ma la sua storia non è stata priva di difficoltà, come raccontato dal New Zealand Herald un mese prima del torneo.

  
Tim Connolly stava guardando un robusto paio di reggilibri quando una sfera da demolizione ha catturato la sua attenzione. Per quanto colpito dal giocatore adolescente, ha tenuto i suoi pensieri per sé. Chi poteva sapere come avrebbero reagito i genitori e lo staff tecnico della squadra della Papakura High School sapendo che c'era un bracconiere in mezzo a loro? Sarebbero stati più sorpresi o arrabbiati? Dopo tutto la loro squadra faceva sempre fatica a emergere e quel sabato era stata battuta nettamente dal College di Aorere. Ma Connolly vedeva l'oro nella loro sconfitta e come neo allenatore del primo XV di St. Kentigern aveva la possibilità di seguire la chiamata alle armi dei ragazzi del rugby. Questo accadeva nel 1999 e, dopo il successo della squadra dei Kelston Boys di Graham Henry, tutte le scuole di Auckland con ambizioni di gloria nel rugby erano sfacciatamente pronte a concedere borse di studio a i migliori talenti grezzi provenienti dalle periferie meno ricche. Connolly si era presentato per visionare i fratelli Afoa, John e James, che erano i piloni della mischia di Papakura. Conosceva il loro pedigree dai tempi in cui allenava le squadre giovanili di Counties - ma fu un ragazzo samoano longilineo che giocava centro a catturare la sua attenzione.
Certo, era un po' pigro quando si girava per inseguire i calci dell'avversario - molto simile a Jonah Lomu nei suoi primi tempi - ma questa era una cosa che poteva essere allenata. E' stata la velocità naturale e l'aggressività che faceva scricchiolare le ossa a dare un segnale di grande qualità. Questo è stato il primo sguardo di Connolly su Jerome Kaino.
Nato a Tutuila, l'isola principale delle Samoa Americane, nel 1983 e terzo di sei figli, la prima casa di Kaino è soprannominata "Isola del football", perché ha prodotto più giocatori professionisti di football che ogni altro luogo negli Stati Uniti. Se Kaino non fosse approdato in Nuova Zelanda nel 1987, seguendo l'esempio del fratello di suo padre, la sua famiglia pensa che sarebbe finito nell'esercito. Trasferitosi a South Auckland, ha cominciato a giocare league con le Sea Eagles di Papakura nel campionato juniores, passando al rugby nella scuola secondaria solo per poter giocare con i suoi nuovi amici. Accademicamente, non molto stava succedendo. Praticamente passava il tempo. "Non è che fossi un cattivo ragazzo", dice oggi. "Ho avuto gli amici giusti e tutto il resto, ma non mi sono mai concentrato più di tanto su qualcosa".
Lui e i fratelli Afoa sono stati compagni da quando aveva 12 anni, così quando Connolly ha convinto i genitori dei due fratelli a mandarli al St. Kentigern College, era nelle cose che avrebbero acchiappato anche il loro amico. Riuniti come allievi di sesta classe l'anno successivo, al trio si sono poi aggiunte altre due reclute, Kieran Read (dal Rosehill College) e Joe Rokocoko (dalla James Cook High School). Se questo reclutamento palese ha fatto arrabbiare i rivali delle scuole del sud, così come molti osservatori neutrali, Connolly si dice innocente. "Ancora non so se il reclutamento è giusto o sbagliato", dice. "Ma è stato praticato da ogni scuola di rugby che conosco e moralmente non mi crea nessun problema, se si considera quanto è successo a tutti quei ragazzi da allora". A Kaino fu dato un posto nel pacchetto di mischia del St. Kentigern. "Non si era ancora inserito, ma era già un ragazzo grande e davvero distruttivo, sicché quando i trequarti non lo hanno voluto gli ho dato subito la maglia numero 6", spiega Connolly. "L'unico problema era che non riuscivamo a sollevarlo in rimessa laterale, così è toccato a lui fare il sollevatore".
Con i fratelli Afoa già a bordo, Saint Kentigern era arrivata quarta nel campionato 1999. Dopo l'arrivo di Kaino e degli altri l'anno successivo, migliorò fino al secondo posto dietro St. Peters. Poi, nel 2001, sconfisse il King College in finale. Peter Milligan, uno dei genitori che ha assistito a ogni partita, dice che Kaino spiccava immediatamente. "A mia moglie e ho sempre detto che era destinato a grandi cose e che se qualcuno nella squadra sarebbe diventato un All Black, questo era lui. Poteva spaccare i giocatori a metà, si sentiva lo scricchiolio dalla linea laterale. Non bastava farsi piccoli per la paura".
Grazie alla sua crescente reputazione, Kaino è stato poi reclutato nella rappresentativa giovanile di Counties, in quella di Auckland e nella nazionale di categoria. Come stella nascente, il suo stile di vita era già lontano dal normale. "Era un po 'strano", dice Kaino. "A volte mi sentivo come se avessi perso la mia giovinezza. Come del resto i miei amici. Loro facevano cose esagerate, grandi feste, notti brave, ma io fin da giovane ho dovuto essere abbastanza disciplinato. Credo che sia quello che devi fare se vuoi vivere il tuo sogno".
Anche il lavoro occasionale è diventato una parte del rugby. Quando non giocava Kaino lavorava nel negozio di alimentari di sua zia al centro commerciale Otara. Ma il caso ha voluto che il negozio fosse in parte di proprietà di un pilone All Black, Olo Brown , e del terza linea campione del mondo Michael Jones. E' da Jones che Kaino ha ereditato il suo credo di giocatore: è meglio dare che ricevere. "Mi ricordo che tutti erano molto interessati a lui visto che era una vera star in divenire", dice Jones. "Sono rimasto molto impressionato da lui. Abbiamo fatto qualche chiacchierata sul gioco e mi ricordo che era un'autentica spugna, assorbiva tutto. Era anche estremamente rispettoso, il tipico giovane samoano, e penso che abbia mostrato un sacco di classe in tutto ciò che ha fatto da allora - il che suggerisce che sta facendo tutto molto bene".
Poi venne il 2004 e le aspettative di tutti sembravano essere realizzate. Kaino venne elevato al team di Auckland per il Campionato provinciale, dove fece apparizione in ogni partita, e fu nominato miglior giocatore del torneo nella Coppa del mondo under 21 e giocatore dell'anno IRB per la sua categoria. Nel mese di novembre fu selezionato per il tour di fine anno degli All Blacks. Un'esperienza inebriante, culminata con la sua selezione per la partita contro i Barbarians a Twickenham. "E' stato un momento veramente emozionante per me," dice Kaino. "Non ho mai pensato che ne avrei avuto l'opportunità, perché credevo che per me il tour doveva servire per lo più a fare esperienza dell'ambiente All Black e imparare a capirlo. Così, quando Richie McCaw mi ha dato la mia prima maglia ero semplicemente entusiasta. E' stato qualcosa di veramente speciale".
La sua prestazione è stata speciale. Da uomo della partita, non solo ha scosso il suo ex capitano di Auckland, Xavier Rush, e il più esperto sparring partner Schalk Burger, ma ha anche dominato l'ex Wallaby e Kangaroo Matt Rogers, segnando la sua prima meta con gli All Blacks.
Ma non tutto era fantastico come sembrava. "E' successo troppo presto per me", ammette ora Kaino. "Era stata un scelta fatta sul potenziale, e sì, naturalmente ero molto felice di diventare un All Black. Ma poi, l'anno successivo, io in realtà non ho dimostrano niente di sostanziale che sostenesse quella scelta... Credo che tutti sapessero di me dopo quel tour ed ero un po' un uomo segnato, ma non ero maturato a sufficienza come giocatore per fare i conti con questo. Avevo ancora bisogno di crescere un po'".
Ad ogni modo, il suo potenziale gli ha premesso di conquistate il suo primo cap in un test contro l'Irlanda nel giugno 2006. Poi è stato escluso. Ed è stato un momento difficile. Kaino ha avuto i suoi primi infortuni seri, tra cui un problema alla spalla che ha richiesto un intervento chirurgico, e il suo vecchio problema di messa a fuoco è tornato. "Avevo solo 21 anni quando sono stato selezionato e facevo tutte le cose normali che si fanno a 21 anni, mentre avrei dovuto fare quello che un All Black di 21 anni dovrebbe fare. La mia vita al di fuori dal rugby non era proprio in linea con quello che facevo sul campo e ci è voluto un po' per mettere tutto insieme. Sono ancora riuscito a realizzare alcune buone prestazioni, ma mi sono reso conto abbastanza presto che non c'era modo di tornare in se continuavo con il mio vecchio stile di vita, la mia vecchia mentalità ".
Invece di deprimersi Kaino ha provato ad utilizzare ogni obiettivo come motivazione a lavorare di più. Sulla sua strada c'era il numero 6 degli All Blacks Jerry Collins e così ha preso di mira la sua famosa fisicità cercando di fare un ulteriore passo avanti. Tutto sembrava essere tornato a posto nel 2008. La sua partner era incinta e lui era stato selezionato per i primi due test dell'anno. Poi si è quasi autodistrutto.
Il 27 giugno, alle 9 - la settimana prima del match di apertura del Tri Nations contro il Sudafrica - Kaino è stato coinvolto in un tamponamento e non ha superato il test dell'alcol. Non solo ha dovuto comparire in tribunale, ma la Federazione neozelandese ha minacciato un processo per cattiva condotta. "E' stato un anno di apprendimento enorme per me, soprattutto con quella cosa del bere alla guida. Ho fatto sicuramente del male alla mia famiglia e questo mi ha costretto a crescere molto. Anche mamma e papà hanno avuto qualche cosa da dirmi, tipo 'non è quello che hai fatto, ma come uscirne' e poi 'assicurati che non accada di nuovo, tu sei una persona migliore di quella'. Mi sono seduto a pensare che ero un All Black e a quello che dovevo fare per esserlo ancora, perché essere nel team era molto meglio di quanto avessi mai pensato che sarebbe stato. Quando per me era solo un sogno, arrivavo fino al giorno della vestizione – quando si riceve tutta quell'attrezzatura così affascinante - ma poi, sperimentare lo stile di vita, avere il compagni di squadra attorno a me e tutta la storia di quella della maglia... ha di gran lunga superato le mie aspettative. Ho usato tutto questo come motivazione per i test successivi. E con tutto quello che stava succedendo sui media, devo dire che Graham Henry e tutto lo staff tecnico hanno dimostrato molta fiducia nello scegliermi. Buttarmi nella mischia e realizzare una performance su il campo era l'unico modo per ripagarli ".
In una partita equilibrata, Kaino ha segnato una cruciale seconda meta e ne avrebbe marcata un'altra se non fosse stato per un'assurda chiamata di fuorigioco. E da allora non ha più guardato indietro. "Ho avuto così tanto ed è successo in così poco tempo. Ma io credo di aver imparato molto e ho capito che come All Black hai sempre i riflettori su di te. Quindi devo vivere in un certo modo e devo essere assolutamente pulito, perché un sacco di persone guardano a noi e i bambini ci vedono in una certa luce. Per me comparire in tribunale è stato un calcio nelle budella pensando a loro. Così mi tengo occupato seguendo mia figlia Milan, e vado a fare surf con mio cognato. Ci sono momenti in cui essere un All Black può diventare un peso, soprattutto se non gioco così bene – e la gente te lo fa sicuramente sapere - o se voglio portare la famiglia fuori a pranzo, ma nel complesso è tutto piuttosto buono. Ho avuto solo un paio di episodi sgradevoli. E' quando devi morderti il labbro e andartene, perché non vale la pena reagire".
A 28 anni, Kaino si aspetta di continuare a giocare fino a 35. E con una famiglia a prendersi cura di lui sta già pensando alla vita dopo il rugby. Aveva già tentato di ottenere un diploma in economia qualche anno fa, ma non ce l'ha fatta. Ora sta ripensando al negozio di sua zia per seguire le orme di All Blacks come Eric Rush e Robin Brooke nel business dei supermercati. Progetti che però ora sono in attesa. Tutto è focalizzato sulla Coppa del mondo, e il fatto che si tiri su costantemente le maniche per farle passare sui grandi bicipiti dimostra che è in clima di battaglia. Sono 196 centimetri di muscoli tatuati e anche se parla a bassa voce i suoi occhi lampeggiano quando si discute del torneo. "Sì, sono emozionato... ho aspettato con ansia per un tempo lungo, specialmente considerando che si disputa in casa. Ma io sto cercando di rimanere rilassato e di fare ciò che viene naturale. Qualunque cosa accada devo essere certo che quando vado in campo porto la “mana” (essenza interiore, ndr) di essere un All Black con me. E' un fatto enorme condividere questa mentalità. Quando si indossa quella maglia non si può fare un passo indietro e quando sei circondato dagli altri ragazzi del team che la pensano allo stesso modo, questa è una sensazione potente di cui nutrirsi".
Alan Perrott

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