Nell'aprile del 2008 Brian Ashton fu licenziato dalla Rugby Football Union dopo aver portato l'Inghilterra alla finale della Coppa del mondo 2007 e al secondo posto nel Sei Nazioni 2008. Il suo tasso di successo in 28 partite era stato, secondo quei tali che abitano i corridoii del potere a Twickenham, un malsano e insoddisfacente 54,5%. Sabato mattina Martin Johnson ha condotto l'Inghilterra alla porta d'uscita nei quarti di finale della Coppa del mondo, uguagliando le delusioni simili del 1987 e del 1999, a parte il fatto di aver vinto il Sei Nazioni 2011. Il tasso di successo di Johnson in tre anni e 38 partite è stato del 55,3%. Fate un po' i conti.
Ora, Johnson può sopravvivere? Certo che può, sulla base del fatto che non c'è nessuno, in una RFU disfunzionale, opaca, autoreferenziale, con l'autorità necessaria per sbarazzarsi di lui. L'ultimo atto delle lotte interne venuto alla superficie questa settimana, con l'ulteriore richiesta di agire contro l'amministratore delegato Martyn Thomas, lascia l'organo di governo del rugby in questo paese senza l'autorità morale per far fuori Johnson. I problemi fuori dal campo dell'Inghilterra durante questa Coppa del mondo sono una birra piccola rispetto alle attività volgari che circondano la partenza di John Steele come capo esecutivo RFU.
Ma dovrebbe andarsene Johnson? Questa è una questione completamente diversa. La mia sensazione è che dovrebbe, perché ha dimostrato chiari limiti come selezionatore e perché è stato incapace di elevare la performance di questa Inghilterra. La prestazione contro la Francia non è stata un'una tantum. Covava nelle ceneri della sconfitta da Grande Slam con l'Irlanda a Dublino e nelle piatte performance contro Argentina e Scozia in questa Coppa del mondo. Gli inglesi non sono riusciti a dimostrare che sono in grado di esprimersi quando l'aspettativa e lo stress sono maggiori. Questa era la missione di Johnson. La convinzione era che con i giocatori che la Premiership produce in abbondanza e i servizi finanziari e di supporto garantiti dalla ricca RFU, tutto ciò che era richiesto era di pescare nella conoscenza Johnson ciò che serviva per vincere. Questa era la sua scusa durante le sue prime due stagioni in carica quando l'Inghilterra riusciva a malapena a ottenere una vittoria degna di nota. Datemi tempo, diceva nelle riunioni private. Ce ne vuole un po' per costruire una cultura e un ambiente, per lanciare una squadra davvero competitiva. A volte sembrava ridicolo, proteggeva lealmente i suoi giocatori cercando di trovare aspetti positivi anche da ciò che lui sapeva, e noi sapevamo, essere un altro fallimento deprimente. Ma gli è stato dato tempo. Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica hanno vinto facilmente a Twickenham nel 2008. I Wallabies e gli All Blacks lo hanno fatto anche nel 2009, anno in cui l'Inghilterra ha perso in Irlanda e Galles. Nel 2010 erano state Irlanda e Francia a dimostrarsi troppo forti, e così si andò avanti, un passo avanti due passi indietro, fino a quando l'Inghilterra ha vinto per la prima volta nel sud del mondo, battendo l'Australia a Sydney, in una partita memorabile per i contributi di Ben Youngs e Courtney Lawes. Quando l'Inghilterra ha battuto di nuovo i Wallabies in maniera convincente a Twickenham cinque mesi più tardi, e poi abbattuto il Galles per iniziare il Sei Nazioni, sembrava che la svolta fosse arrivata. Invece, l'Irlanda ha fatto un numero contro l'Inghilterra a Dublino nella gara decisiva per il Grande Slam e ora la Francia ha forzato una riconsiderazione su quanto Johnson abbia migliorato la sua squadra. La mia preoccupazione è che lui veda ancora il gioco come un giocatore, non come un manager o stratega. Dopo una partita è meravigliosamente lucido nell'analizzare cosa ha funzionato e cosa no, ma non è stato in grado di comunicare la stessa chiarezza di percezione attraverso lo staff tecnico a chi prende le decisioni. L'Inghilterra di Johnson è mancata di capacità decisionale in campo in questa Coppa del mondo, le fortune della squadra sono migliorate solo quando le istruzioni erano stati scaricate dall'esterno.
Johnson, sempre pragmatico, ha tentennato di partita in partita. C'è stata poca o nessuna formazione di giocatori per il futuro, nessun senso di un progetto più grande. Certo, gli allenatori internazionali vivono nel qui e ora, ma con il ciclo di Coppa del mondo che domina il calendario non è troppo aspettarsi una visione e un percorso verso di essa. L'altra questione è che alcune sue decisioni sulle persone gli sono tornate addosso come calci nei denti. Prima che l'Inghilterra giocasse il match di preparazione a Cardiff, Johnson ha parlato di Lawes come del secondo avvento. Lawes ha disputato una partita anonima, così come contro la Scozia la Francia quando è uscito dalla panchina. Va data la colpa a Johnson per il calo di forma di Lawes? Non direi. Questo è ciò che fanno i selezionatori. Identificano e coltivano i talenti, li sostengono, li fanno giocare e restano in piedi o cadono con loro.
Jonny Wilkinson è un'altra individualità che ha involontariamente portato a rimettere in discussione le capacità di giudizio di Johnson, perché è chiaro che Wilkinson ha avuto una povera Coppa del mondo. Come emerge dagli ultimi 10 minuti della partita Scozia e dai 15 minuti o giù di lì dell'incontro con la Francia quando ha assunto il ruolo di numero 10, è Flood che avrebbe dovuto giocare lì. E a quelli che dicono che queste cose sono sempre più evidenti dopo l'evento, rispondo che sarei anche d'accordo. Ma questo è il punto. Qualsiasi idiota può dire cosa è andato storto dopo. Gli allenatori internazionali guadagnano i loro soldi per fare le cose giuste prima.
Guardate Warren Gatland, capo del Galles. Ha abbandonato i veterani Martyn Williams e Stephen Jones per incoronare i giovani. Johnson? Ha continuato a dare fiducia a Mike Tindall, che come attaccante è un filo spezzato; ha portato Shontayne Hape, il suo centro di prima scelta in tutto il Sei Nazioni, e in Nuova Zelanda lo ha a malapena utilizzato; ha insistito con Lewis Moody quando era chiaro che non era abbastanza forte fisicamente per svolgere un ruolo di rottura, né abbastanza vivace per dominare i breakdown; e ha mandato in panchina James Haskell, il più efficace avanti inglese, scegliendo l'appesantito Nick Easter. E questo ancor prima di entrare nella discussione sul fatto che Johnson preferisca i muscoli al cervello, e sulla sua distorta insistenza nel circondarsi di compagni di Leicester con la sua stessa mentalità come Graham Rowntree e John Wells, che non sono in grado di proporre prospettive alternative.
I moralisti tra di voi possono montare la panna e mormorare su come l'Inghilterra si è comportata fuori dal campo, e ho già detto la mia su questo tema. Ma, francamente, non è questo il problema al momento. La domanda ora è se Johnson merita una seconda possibilità mentre l'Inghilterra inizia a posizionarsi per una Coppa del mondo sul territorio nazionale. Non c'è dubbio che egli conservi la fiducia dei suoi giocatori, ma loro sono sempre gli ultimi a vedere il quadro più generale. Probabilmente conserva ancora la fiducia di Rob Andrew, ma visto che Andrew ha deliberatamente preso le distanze da tutto ciò che assomiglisse a un decisione coraggiosa durante il suo tempo a Twickenham, questa non è affatto un'investitura. Probabilmente conserva ancora la fiducia di chi è rimasto alla RFU, dato l'inverosimile esempio di culto della personalità con cui gli hanno affidato il compito. Ma, mano sul cuore, ha ancora conservato la vostra?
Paul Ackford
Nessun commento:
Posta un commento