martedì 11 ottobre 2011

Perché la Francia è risorta

Dopo una prima fase disastrosa, la Francia si è improvvisamente ritrovata e ha battuto l'Inghilterra. Pierre Villepreux su Midi Olympique cerca di spiegare perché. Un'analisi profonda e complessa di una resurrezione.

Maxime Medard
La vittoria francese contro gli inglesi ha riconciliato i Blues con il gioco. Le modalità della sua realizzazione confermano che i fondamentali, "avanzare assicurando con intelligenza un sostegno sia in attacco sia in difesa," sono gli ingredienti principali che hanno permesso al gioco dei Tricolores di assumere un'altra dimensione, un'altra consistenza. Di conseguenza, fare di questa vittoria l'effetto di una ribellione dei giocatori tesa a riappropriarsi del gioco mi sembra problematico. di adattarsi alla realtà dell'opposizione e alle caratteristiche del gioco dei gallesi correttamente catalogati come dediti al gioco. Bisogna diffidare del rugby che questa squadra sa sviluppare da un bel po' di tempo e, inoltre, la giovinezza e l'entusiasmo di questo gruppo saranno un vantaggio aggiunto.
Per tutti la rappresentazione mentale dell'attuazione di questi principi è fondamentale per raggiungere un livello di prestazioni ottimale. Non credo che lo staff tecnico, nel recente passato o più indietro nel tempo, non abbia sostenuto questi principi. Se il collettivo francese si fosse unito nelle partite precedenti intorno ai principi eterni che sono il cuore del gioco e al centro della sua efficacia, il mancato coinvolgimento nel confronto che è stato evidenziato nei Tricolores non si sarebbe verificato e sarebbero stati cancellati tutti i calcoli e la paura che sembravano attanagliare il gruppo nella prima fase. Questa sinergia collettiva in cui ciascuno va a mobilitare tutte le sue risorse, avrebbe evitato molti dei malintesi di cui si è parlato sulla responsabilità delle prestazioni più che mediocri di questa squadra. Il gioco diventato improvvisamente possibile contro gli inglesi avrebbe dovuto essere realizzato almeno contro i giapponesi, i canadesi e Tonga.
Non è sufficiente, come va di moda in ogni Coppa del mondo (quando l'ambiente si scalda) , spiegare le carenze delle partite precedenti con motivi che sono esterni al gioco prodotto. Questo non significa negare il peso e la forza dei fenomeni umani, dal punto di vista motivazionale ed emozionale, nella performance. Hanno senso quando la rappresentazione mentale del gioco è comune a tutti, nel qual caso diventa possibile per i giocatori accedere a un elevato grado di autonomia, che in questo quadro lo staff tecnico non mancherà di accordare loro. Si tratta di un vero allenamento mentale che aiuta a sviluppare la stabilità nel gioco prodotto con un effetto sinergico che si concreterà nei momenti buoni, quelli in cui facciamo subire all'avversario il nostro gioco, sia quando subiamo il suo. L'Australia ha subito per 80 minuti il gioco di potenza dei sudafricani. Si è salvata con la difesa, che non è la rappresentazione che il pubblico ha del gioco di questa squadra votata risolutamente all'attacco, ma questo gruppo, anche se dominato, non ha mai rinunciato alla volontà di giocare il rugby che lo caratterizza. L'effetto reattivo nato dalle prestazioni scarse può essere efficace sul momento, ma dobbiamo essere preoccupati per la sua efficacia nel tempo. Se bastasse riunirsi in cerchio e cantare la Marsigliese per trovare la motivazione utile e diventare improvvisamente invincibili, lo avremmo fatto.
La vittoria francese contro gli inglesi non può essere venduta come un exploit legato all'emozione suscitata dalle povere performance precedenti. È accaduto piuttosto, secondo i principi già declinati, che sia stato messo in opera un gioco in cui le competenze e le potenzialità tattiche e tecniche di ognuno si sono potute esprimere, e in nessun caso può essere solo il risultato del discorso di un leader più o meno riconosciuto.
Un potenziale che non ho mai dubitato che i Blues avessero! Il problema è stato che "giocare insieme" per far avanzare la palla verso la linea avversaria, creando situazioni di pericolo per l'avversario, non si era manifestato in misura sufficiente nelle partite precedenti. Perché questo gioco progredisca, comunque e dovunque, è necessario che l'intero gruppo sia in linea con la logica del gioco da sviluppare in rapporto alle forze in campo e in ciascuna fase di gioco. E' anche necessario che ciascuno sappia rendersi utile nella variabilità dello sviluppo delle azioni, da quelle più semplici alle più complesse. Con un gioco condiviso da tutti il “saper fare utile” (la tecnica) assume tutta la sua importanza. Questo richiede di saper dare un senso al gioco prodotto, nel qual caso il “saper essere nel gioco", cosa che esalterà il giocatore come parte di un impegno costante nel confronto fisico, diventerà una dimensione vitale.
Battere gli inglesi non è stata un'impresa. Loro hanno giocato nel modo giusto per farsi battere. Scegliere di affrontare una Francia in pieno tormento mentale sfidandola solo con il gioco alla mano, per di più correndo in diagonale, è stato un errore che evidenzia la mancanza di adattabilità del rugby inglese. Non è un caso che ora sia alla ricerca di giocatori con attitudini a tutto campo, giocatori capaci di adattarsi meglio e più velocemente di altri alle situazioni in cui sono coinvolti. Che Wilkinson o Flood o il capitano non abbiano capito ciò che era evidente di fronte alla buona difesa laterale dei francesi, e cioè che secondo la situazione di gioco occorreva di alternare il gioco alla mano e quello al piede, deve farci riflettere.
Personalmente, contrariamente ai pareri espressi prima di questa partita, ero convinto che gli inglesi non avrebbero scelto di giocare in modo riduttivo. Infatti, è da parecchio tempo che nel loro campionato stanno praticando un rugby ricco di intenzioni, ma abbandonare il gioco al piede, non cercare di testare l'avversario tentando di avanzare nel confronto individuale o collettivo portando polla, ha notevolmente facilitato la difesa francese, consentendole stavolta di “di andarli a cercare alti”.
La prossima partita e l'eventuale vittoria non sarà l'effetto di un'impresa, ma una continuazione di questa performance, si tratterà di applicarsi nell'attuazione dei principi fondamentali, e nello stsso tempo
Pierre Villepreux

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